Politiche attive del lavoro clientelari e danno erariale: una importante pronuncia assolutoria della Corte dei conti siciliana

Corte dei Conti Sicilia

Politiche attive del lavoro clientelari e danno erariale: una importante pronuncia assolutoria della Corte dei conti siciliana

Lo  studio Labour & Public ha partecipato al Collegio difensivo della causa  di responsabilità per danno erariale per oltre  32 milioni di Euro, promossa dalla Procura della Corte dei Conti siciliana e intentata contro la giunta regionale pro tempore, il DG dell’amministrazione del lavoro regionale pro tempore e i vertici pro tempore del Ciapi, ente in house attuatore del progetto. Lo studio ha assunto la difesa del DG nei cui confronti la procura della Corte, con l’originario atto di citazione, aveva richiesto la condanna a oltre 8 milioni di euro. Secondo la tesi della Procura generale il danno del c.d. Progetto Spartacus (politiche attive per lavoratori in mobilità da crisi aziendali) sarebbe stato causato, proporzionalmente alle rispettive responsabilità, dai soggetti citati (tecnici e politici). Ciò in ragione di tre pilastri accusatori: 1) L’illegittimità dell’affidamento diretto del progetto di politica attiva, e non tramite gara, al Ciapi di Priolo;   anche per l’asserita inadeguatezza strutturale e organizzativa di tale ente; 2) La violazione della normativa regionale di blocco di ogni tipo di assunzione, posto che il progetto era stato gestito mediante il personale proveniente dagli ex sportellisti multifunzionali assunto a tempo determinato per la durata del progetto, ancorché tramite selezione pubblica (la denuncia era arrivata da alcuni lavoratori che si ritenevano penalizzati dalle graduatorie); 3) Lo spreco intrinseco delle ingenti risorse (circa 32 milioni di euro) per l’attuazione di politiche attive del lavoro (la formazione finalizzata al reinserimento lavorativo dei lavoratori in mobilità durante la grande crisi del 2011) nei confronti di una limitata platea di circa 9000 lavoratori disoccupati, per altro con circostanziati e diffusi episodi, secondo l’indagine della Procura, di inefficienze e sprechi. Onde il teorema accusatorio riassuntivo, per cui lo scopo unico e metagiuridico del progetto, e dello spreco di denaro pubblico, fosse di preservare, per fini sostanzialmente clientelari, l’occupazione di 1753 operatori degli enti di formazione impiegati negli sportelli multifunzionali. Il processo quindi costitutiva una sorta di simbolica messa in stato d’accusa delle classi dirigenti regionali (politici e dirigenti) per l’acclarata incapacità di gestione delle politiche attive del lavoro e per l’utilizzo delle ingenti risorse devolute, a scopi clientelari.

La pronuncia di primo grado

In primo grado la Corte dei conti accoglieva, sebbene parzialmente, la tesi della Procura, pur non accedendo alla teoria dei tre pilastri accusatori. Secondo il giudizio di primo grado, la responsabilità di politici e dirigenti regionali poteva essere sussunta, per intero, nel terzo pilastro, il vero architrave accusatorio, vale a dire l’inefficienza complessiva del progetto e lo spreco di risorse per scopi clientelari e assistenziali. La Corte assolveva, tuttavia, i membri della Giunta, considerati non colpevoli per aver soltanto preso atto del progetto nella riunione di Giunta, non manifestando con tale delibera una reale volontà adesiva allo stesso; condensava la responsabilità sul Presidente della Giunta regionale, sull’Assessore al ramo e, soprattutto, sul Direttore generale considerato colei che aveva ideato e perseguito con maggiore determinazione e dispiego di strumentazione tecnico-giuridica la macchinazione contabile e operativa volta allo spreco di pubbliche risorse. La Corte tuttavia esercitava nei confronti dei responsabili (Presidente, assessore al ramo e Direttore generale) il potere riduttivo in considerazione delle pressioni sociali subite e provenienti dai sindacati e dai lavoratori. La Corte di primo grado condannava a oltre 700000 euro di danno erariale ciascuno i menzionati soggetti.

Contro la sentenza presentavano appello sia la Procura della Corte dei conti, sia gli avvocati dei soggetti condannati ma anche degli assolti in ragione della insistenza della Procura sulla richiesta di condanna per tutti e nei termini quantitativi di cui all’originario atto di citazione.

La sentenza d’appello

La sezione d’appello della Corte dei conti respingeva l’appello della procura e accoglieva, invece, in pieno le ragioni della difesa degli imputati, riformando la sentenza di primo grado. Con una articolata motivazione racchiusa in ben 115 pagine la Corte d’appello recuperava, invero, il modello accusatorio della Procura fondato sui tre pilastri, ma soltanto allo scopo di confrontarvisi serratamente e di fatto demolendoli sin dalle fondamenta; in ciò facendo ampio ricorso alle argomentazioni delle memorie difensive delle difese di tutti gli imputati.

Con riguardo al terzo pilastro, il vero architrave dell’accusa secondo la sentenza condannatoria di primo grado, e cioè lo spreco intrinseco delle risorse utilizzate, i giudici d’appello accedevano alla tesi difensiva della DG ove, con dovizia di dati e argomentazioni, si era dimostrato che l’amministrazione regionale, nell’attuazione del progetto Spartacus, aveva agito senza alcuna discrezionalità propria, bensì come ente attuatore dello stato in ragione della provenienza delle risorse e delle metodologie di spesa utilizzate, tutte rigorosamente imposte e controllate dallo stato e, correttamente, rendicontate e controllate da agenzie per conto del Ministero del lavoro.

La sentenza, oltre ad assolvere gli imputati, ha condannato alle spese legali (nel complesso circa 100.000 euro per il doppio grado di giudizio) la Regione siciliana a favore di tutti gli imputati.

Studio legale Labour & Public – Prof. Avv. Sebastiano Bruno Caruso – Prof. Avv. Antonio Lo Faro – Prof. Avv. Loredana Zappalà

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