Rapina in Poste Italiane: violazione dell’art. 2087 c.c. e obbligo del risarcimento del danno biologico differenziale subito dal lavoratore a causa della rapina

Rapina in Poste Italiane: violazione dell’art. 2087 c.c. e obbligo del risarcimento del danno biologico differenziale subito dal lavoratore a causa della rapina

Con sentenza n. 322/2022 del 22 marzo 2022, il Tribunale Lavoro di Siracusa ha condannato Poste Italiane al risarcimento del danno biologico differenziale subito dal lavoratore vittima di una rapina verificatesi in azienda, per la quale il Giudice aveva accertato la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c.

La vicenda traeva origine da un ricorso instaurato dalla stessa azienda innanzi al Giudice del lavoro, al fine di far accertare la legittimità di una sanzione disciplinare (un giorno di sospensione dal lavoro) irrogata nei confronti di un Direttore di un ufficio postale che – secondo Poste – si sarebbe reso responsabile di un comportamento negligente, consistente in una presunta mancanza di controllo dei locali aziendali che, ove invece effettuata, avrebbe consentito di sventare la rapina.

Il Direttore dell’ufficio rapinato, costituitosi in giudizio per mezzo dello studio Labour & Public, non solo contestava l’illegittimità della sanzione irrogata, ma proponeva una domanda riconvenzionale, volta a far accertare la responsabilità di Poste per violazione dell’art. 2087 c.c., vale a dire per non aver adottato nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, e – di conseguenza – ottenere il risarcimento del danno subito per essere stato vittima di una rapina che, ove il sistema di allarme installato presso la filiale dell’ufficio postale avesse funzionato, si sarebbe potuta evitare.

Il Giudice del lavoro di Siracusa, a seguito di un complesso accertamento di fatto delle reali dinamiche della rapina, ha – con la citata sentenza n. 322/2022 del 22 marzo 2022 – integralmente accolto le difese del lavoratore rappresentato dallo studio Labour & Public e, per l’effetto, ha:

  • da una parte, annullato la sanzione disciplinare irrogata da Poste al Direttore dell’ufficio;
  • dall’altra, richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale “nel caso di lavoratori esposti al rischio di rapina, l’osservanza del generico obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cc., impone al datore di lavoro l’adozione delle correlative misure di sicurezza c.d. “innominate” idonee a tutelare, nel caso concreto, l’integrità psicofisica dei lavoratori, nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione, anche contenuta, di somme di denaro nonché delle plurime reiterazioni di rapine in un determinato settore esposto a rischio (cfr. Cass. n. 3424/2016, Cass. n. 23973/2015; Cass. n. 7405/2015). Quindi, l’onere probatorio gravante sul datore di lavoro che intenda dimostrare la corretta osservanza degli obblighi di protezione sullo stesso gravanti ex art. 2087 c.c., impone di dimostrare di aver adottato comportamenti specifici e apprestato adeguati mezzi di tutela che, pur non dettati dalla legge o altra fonte equiparata, siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli standards di sicurezza normalmente osservati in un determinato settore, che si siano rivelate concretamente idonee, in casi analoghi, a perseguire il risultato perseguito nonché la concreta ed effettiva funzionalità dei sistemi di sicurezza adottati al momento del verificarsi dell’evento delittuoso”, ha accertato la responsabilità di Poste per non aver impedito la rapina.

Secondo il Giudice del lavoro di Siracusa, infatti, è emerso che l’ufficio di Poste Italiane in questione pur essendo apparentemente dotato di standard di sicurezza idonei a sventare eventi delittuosi, come quello verificatosi, in quanto l’ufficio era blindato nonché dotato di un sistema di allarme di ultima generazione ed impianto di telesorveglianza remotizzato che ha registrato la presenza dei ladri, non ha funzionato adeguatamente, come sinergia di mezzi e di personale addetto alla sicurezza. Nessuno, in sostanza, si era reso conto che già la notte prima dell’evento delittuoso, alcuni ladri si erano introdotti nella filiale rimanendovi nascosti in una zona non controllata da alcuna telecamera, addetta a deposito, fino alla mattina successiva in cui gli ignari addetti dell’ufficio iniziavano la loro attività lavorativa, per poi venire aggraditi dai malviventi armati a ora di pranzo.

Di conseguenza, secondo il Giudice del lavoro, “va dichiarata la responsabilità della società Poste Italiane Spa, per non avere adottato adeguati sistemi di sicurezza e salvaguardia della incolumità dei dipendenti e, segnatamente, per i postumi traumatici conseguenti all’evento delittuoso subito dal lavoratore, non avendo la società datoriale provato di avere apprestato adeguati mezzi di tutela della sicurezza dei lavoratori suggeriti dagli standards di sicurezza concretamente idonei a sventare attività criminose come quella perpetrata ai danni della società datoriale, con conseguente condanna di Poste Italiane SpA, al risarcimento del danno differenziale subito dal dipendente”.

Nel considerare l’evento delittuoso come un vero e proprio infortunio sul lavoro, la sentenza n. 322/2022 citata, infatti, ha va osservato che, in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l’indennizzo INAIL non copre l’intero danno biologico, diversamente dal risarcimento in sede civile. Pertanto, per il ristoro del danno biologico cd. differenziale, vale a dire di quella parte del danno biologico non coperta dall’assicurazione obbligatoria, si può proporre azione risarcitoria autonoma e distinta nei confronti del datore di lavoro, ove ne ricorrano le condizioni di legge (Cassazione Civile, sez. III, 04/11/2020, n. 24474). Il danno differenziale, in particolare, si identifica nel danno risarcibile al lavoratore, ottenuto dalla differenza tra quanto versato o avrebbe dovuto versare l’INAIL, a titolo di indennizzo per infortunio sul lavoro o malattia professionale, e quanto è possibile richiedere al datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno in sede civile. In particolare, le prestazioni erogate dall’assicuratore sociale sono dovute in ragione del semplice verificarsi dell’infortunio, mentre il risarcimento presuppone, non solo il verificarsi dell’evento dannoso, ma anche la sua configurabilità come illecito, in quanto prodottosi in seguito ad un comportamento, quantomeno negligente, del datore di lavoro o di un terzo. Il danno differenziale, dunque, spetta anche a colui il quale, pur percependo già una rendita o un indennizzo INAIL, dimostri di avere subito un danno ulteriore rispetto a quello riconosciutogli e ristoratogli dall’ente previdenziale. Mentre il primo trova, infatti, il proprio riconoscimento nell’articolo 32 della Costituzione (tutela del diritto alla salute) ed è finalizzato a risarcire il danno nella stessa misura in cui si è verificato ed è stato accertato, l’indennizzo INAIL risponde alla diversa funzione sociale di garantire mezzi adeguati al lavoratore oggetto di infortunio o malattia professionale. L’evidente diversità strutturale e funzionale sussistente tra i due mezzi di ristoro, consente di escludere che le somme che deve versare l’INAIL possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno in capo all’infortunato; di conseguenza, il risarcimento spettante a colui che subisce postumi permanenti dall’infortunio subito a causa delle mansioni svolte nell’intercorso rapporto di lavoro, va circoscritto al danno differenziale, determinato dalla differenza tra l’ammontare complessivo del risarcimento e quello delle indennità che dovrebbe liquidare l’INAIL in dipendenza dell’infortunio, al fine di evitare una duplicazione del ristoro economico in favore dell’avente diritto, il quale, diversamente, percepirebbe, in relazione alla medesima patologia, sia l’intero danno, sia le indennità erogate dall’ente assicurativo.

Nel caso di specie, il Giudice del lavoro – dopo aver esperito una apposita CTU – ha quantificato il danno subito, individuando la percentuale che dovrà essere corrisposta dall’INAIL, a titolo indennitario, nonché appunto la percentuale che dovrà essere corrisposta da Poste direttamente al lavoratore, a titolo di danno differenziale.

Labour & Public – Studio legale e di consulenza – Prof. Avv. Sebastiano Bruno Caruso – Prof. Avv. Antonio Lo Faro – Prof. Avv. Loredana Zappalà

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